The imitation game si muove su diversi piani temporali e necessita
di attenzione e costanza per essere apprezzato. Personalmente ho trovato il
ritmo altalenante ma mai così discendente da risultare noioso; altri direbbero
il contrario ma qui, almeno qui, la mia opinione è quella che conta di più. In
primis, mi vorrei soffermare poche righe sul significato del titolo:
premetto che, per spiegarlo con cura, ci vorrebbero pagine che, francamente,
non ho tempo né voglia di scrivere.
Oltretutto, non è detto che io sia in grado di rendervi
chiari i concetti che stanno alla base del Test di Turing, un “gioco” di
riconoscimento che consentirebbe, attraverso uno scambio linguistico, di capire
se il proprio interlocutore è una macchina oppure un uomo. Nessuna macchina,
infatti, è in grado, ancora oggi, di pensare come un essere umano. Le macchine,
anche le più sofisticate, imitano (termine che ritorna spesso) i processi
mentali dell’uomo, ma non sono in grado di applicarne le infinite potenzialità.
Anche se, secondo Alan Turing, ideatore della prova e matematico protagonista
della pellicola, prima o poi le intelligenze artificiali diventeranno capaci di
pensare come noi, ingannando il test.
Nel film, tuttavia, di test di Turing non si parla, anche se
il complicato rapporto tra uomo e macchina è ben evidente: Lei, di Spike Jonze,
aveva già trattato l’amore impossibile tra un essere umano e una controparte
digitale; in The imitation game, invece, la macchina costruita da Turing per
decifrare Enigma (il sistema di crittografia usato dai nazisti nella seconda
guerra mondiale), chiamata Christopher, è
l’unico contraltare affettivo che il matematico riesce ad accettare; un
surrogato di quel primo grande amore omosessuale del matematico, Christopher
appunto, morto giovanissimo.
Una perdita che Turing rimuove, chiudendosi in un’apatia
emotiva che lo rende incapace di rapportarsi con il prossimo. Genio e follia
spesso si toccano, creando individui “diversi” per antonomasia. Oltre a
riflettere sui rapporti tra uomo e intelligenza artificiale (di cui ho parlato
anche a proposito di Automata, il nuovo film con Antonio Banderas), infatti, la
pellicola descrive proprio il valore della “diversità”, oltre che mostrare la,
a volte insuperabile, necessità di fingere, di nascondere la propria difformità
dietro l’imitazione della normalità.
Alan Turing, infatti, oltre a essere sociopatico e del tutto
incapace di empatia, è, come si era già intuito, pure omosessuale. Insomma, la
quintessenza della diversità, nel 1940 come oggi. Ma, come sentiamo più volte
dire nel film, «Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe
cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare». E così sarà: Turing,
oggi riconosciuto come uno dei padri del moderno computer, riuscirà, nel corso
del film, a scoprire il sistema per decrittare Enigma, permettendo agli Alleati
di vincere la guerra.
Un modo anche inconsueto per descrivere la guerra che più di
ogni altra ha cambiato il volto dell’Occidente, non attraverso l’eroismo dei
combattenti ma grazie a quello sotterraneo di gente che oggi chiameremmo
semplicemente nerd. Detto questo potremmo stare ore a parlare di un Inghilterra
dove l’omosessualità era un reato. Ma non è su questo che mi voglio soffermare:
infatti siamo tutti d’accordo che arrestare la gente perché omosessuale sia una
cosa molto poco gentile da fare.
Vorrei invece dire due parole in più su un aspetto poco analizzato
dalle recensioni di The imitation game che ho potuto leggere; nel film è
estremamente interessante il momento immediatamente successivo alla definitiva
decrittazione del codice nazista. Turing e la sua squadra sono in grado di
conoscere in anticipo dove verranno sferrati gli attacchi sottomarini nell’Atlantico
ma, immediatamente, sorge un’amara consapevolezza: nel momento in cui questa
conoscenza verrà usata per anticipare gli attacchi, i tedeschi capiranno che il
codice è stato svelato.
L’intelligenza sistemica del matematico gli
permette quindi di capire la necessità
di sacrificare qualcuno per non far capire ai tedeschi che Enigma è stato decrittato.
Non tutte le coordinate degli attacchi tedeschi alle navi americane nell’Atlantico
potranno essere segnalate alla marina statunitense, non tutti i soldati
potranno essere salvati. Per mettere fine al conflitto il prima possibile qualcuno
dovrà per forza lasciarci le penne. Secondo i titoli di coda, tuttavia, grazie
allo svelamento di Enigma, si sono risparmiati due anni di guerra, con i
relativi caduti da ambo le parti.
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