Google+

26 marzo 2015

Diversità, follia e genialità: The imitation game


The imitation game si muove su diversi piani temporali e necessita di attenzione e costanza per essere apprezzato. Personalmente ho trovato il ritmo altalenante ma mai così discendente da risultare noioso; altri direbbero il contrario ma qui, almeno qui, la mia opinione è quella che conta di più. In primis, mi vorrei soffermare poche righe sul significato del titolo: premetto che, per spiegarlo con cura, ci vorrebbero pagine che, francamente, non ho tempo né voglia di scrivere.

Oltretutto, non è detto che io sia in grado di rendervi chiari i concetti che stanno alla base del Test di Turing, un “gioco” di riconoscimento che consentirebbe, attraverso uno scambio linguistico, di capire se il proprio interlocutore è una macchina oppure un uomo. Nessuna macchina, infatti, è in grado, ancora oggi, di pensare come un essere umano. Le macchine, anche le più sofisticate, imitano (termine che ritorna spesso) i processi mentali dell’uomo, ma non sono in grado di applicarne le infinite potenzialità. Anche se, secondo Alan Turing, ideatore della prova e matematico protagonista della pellicola, prima o poi le intelligenze artificiali diventeranno capaci di pensare come noi, ingannando il test.

Nel film, tuttavia, di test di Turing non si parla, anche se il complicato rapporto tra uomo e macchina è ben evidente: Lei, di Spike Jonze, aveva già trattato l’amore impossibile tra un essere umano e una controparte digitale; in The imitation game, invece, la macchina costruita da Turing per decifrare Enigma (il sistema di crittografia usato dai nazisti nella seconda guerra mondiale), chiamata Christopher,  è l’unico contraltare affettivo che il matematico riesce ad accettare; un surrogato di quel primo grande amore omosessuale del matematico, Christopher appunto, morto giovanissimo.


Una perdita che Turing rimuove, chiudendosi in un’apatia emotiva che lo rende incapace di rapportarsi con il prossimo. Genio e follia spesso si toccano, creando individui “diversi” per antonomasia. Oltre a riflettere sui rapporti tra uomo e intelligenza artificiale (di cui ho parlato anche a proposito di Automata, il nuovo film con Antonio Banderas), infatti, la pellicola descrive proprio il valore della “diversità”, oltre che mostrare la, a volte insuperabile, necessità di fingere, di nascondere la propria difformità dietro l’imitazione della normalità.

Alan Turing, infatti, oltre a essere sociopatico e del tutto incapace di empatia, è, come si era già intuito, pure omosessuale. Insomma, la quintessenza della diversità, nel 1940 come oggi. Ma, come sentiamo più volte dire nel film, «Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare». E così sarà: Turing, oggi riconosciuto come uno dei padri del moderno computer, riuscirà, nel corso del film, a scoprire il sistema per decrittare Enigma, permettendo agli Alleati di vincere la guerra.

Un modo anche inconsueto per descrivere la guerra che più di ogni altra ha cambiato il volto dell’Occidente, non attraverso l’eroismo dei combattenti ma grazie a quello sotterraneo di gente che oggi chiameremmo semplicemente nerd. Detto questo potremmo stare ore a parlare di un Inghilterra dove l’omosessualità era un reato. Ma non è su questo che mi voglio soffermare: infatti siamo tutti d’accordo che arrestare la gente perché omosessuale sia una cosa molto poco gentile da fare.

Vorrei invece dire due parole in più su un aspetto poco analizzato dalle recensioni di The imitation game che ho potuto leggere; nel film è estremamente interessante il momento immediatamente successivo alla definitiva decrittazione del codice nazista. Turing e la sua squadra sono in grado di conoscere in anticipo dove verranno sferrati gli attacchi sottomarini nell’Atlantico ma, immediatamente, sorge un’amara consapevolezza: nel momento in cui questa conoscenza verrà usata per anticipare gli attacchi, i tedeschi capiranno che il codice è stato svelato.

L’intelligenza sistemica del matematico gli permette  quindi di capire la necessità di sacrificare qualcuno per non far capire ai tedeschi che Enigma è stato decrittato. Non tutte le coordinate degli attacchi tedeschi alle navi americane nell’Atlantico potranno essere segnalate alla marina statunitense, non tutti i soldati potranno essere salvati. Per mettere fine al conflitto il prima possibile qualcuno dovrà per forza lasciarci le penne. Secondo i titoli di coda, tuttavia, grazie allo svelamento di Enigma, si sono risparmiati due anni di guerra, con i relativi caduti da ambo le parti.

1 commento: