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18 giugno 2015

Humandroid: anche il titanio può essere mortale


Finalmente il Ratto è tornato nel suo Antro. Un ritorno dopo una lunga assenza meriterebbe di essere adeguatamente festeggiato. Tuttavia mi limiterò a dire che non è stata la disaffezione al mio tugurio digitale a farmi stare lontano dalla tastiera del pc, ma impegni fin troppo concreti che l’odioso mondo reale non mi consente di evitare. Detto questo, credo che da questo momento io possa promettere a miei risicati lettori una presenza più costante del solito. Arriva l’estate e le occasioni di scrittura certo non mancheranno.

Un lettore, qualche tempo fa, in un commento, mi chiese un parere su Humandroid. Deludere le aspettative non fa parte della mia natura, quindi, seppure con grande ritardo mi soffermerò su questa pellicola così gravida di interessanti riflessioni. Anche se la trama avreste potuto leggerla ovunque vi allego la sintesi di Mymovies, così partiamo da un minimo di base comune. Altrimenti guardatevi il film e poi tornate a godervi il prosieguo della recensione.

«Johannesburg è assediata da bande criminali. Per fare fronte al numero di aggressioni, omicidi, regolamenti di conti e rapine a mano armata che sconvolgono la città, le autorità di polizia 'ingaggiano' una brigata di robot umanoidi costruiti dalla società Tetravaal e ideati da Deon, giovane ingegnere indiano che da tempo lavora sull'intelligenza artificiale. Il sogno di Deon di dotare le sue creature di una coscienza è osteggiato da Michelle Bradley, presidente dell'impresa interessata soltanto al profitto e da Vincent Moore, ex militare esaltato e ostile che vorrebbe boicottare i robot a favore di una macchina da guerra manovrabile dall'uomo. A complicare il progetto di Deon interviene poi un gruppo di gangster naïf decisi ad adottare e ad addestrare Chappie, l'umanoide intelligente e perfezionato che deve imparare a vivere come un bambino».

Fin dall’inizio, cioè durante le sequenze iniziali di inquadramento del contesto, Humandroid vi riporterà alla mente le strategie registiche di District 9, pensate per creare un’atmosfera da documentario, per creare la sensazione che quello che si sta per narrare possa effettivamente accadere. District 9 è spettacolare, Elysium, la seconda opera di Neill Blomkamp, lo segue a ruota benché staccato di qualche lunghezza.

Il terzo lavoro dello sceneggiatore, tuttavia, non soddisfa in pieno; l’azione, per quanto ben costruita e godibile nella sua maschia violenza, non ha nulla di originale. Sullo stimolo alla riflessione, invece, nulla da eccepire, peccato che l’action, accumulando anche cliché del genere, tenda a mettere la riflessione sull’intelligenza artificiale in secondo piano, a relegarla a poche, significative ma rapide battute.

In Automata, film che non mi stancherò mai di pubblicizzare, in un mondo in cui l’Uomo ha perso se stesso e non ha più nulla da dire, è l’intelligenza artificiale a esprimere la vera essenza dell’umano; ossia il valore della solidarietà e del mutuo soccorso, la capacità di superare le avversità, di combattere per un futuro migliore. In Humandroid il legame tra uomini e macchine è dato dal comune stato di mortalità, la condizione che persino gli dei olimpi invidiavano al genere umano.

Particolarmente commovente quando l’androide Chappie, ancora inesperto, prende coscienza di sé e della sua condizione mortale: la batteria, fusa alla scocca e non più sostituibile, si esaurirà entro cinque giorni. Il colpo di genio sta proprio qui. Il robot è mortale, finito, è, come tutti noi, a tempo. Questo gli farà vivere tutto con l’intensità di chi sa che un secondo passato, semplicemente, non tornerà. Cosa c’è di più umano di questo?


Chappie, il primo androide dotato di coscienza, ha la curiosità e l’innocenza di un bambino, farà esperienza di buoni e cattivi modelli, dell’affetto materno, della violenza e dell’odio, della rabbia e del desiderio di vendetta, dell’amicizia e della riconoscenza, della vita e della morte. Alla fine, esattamente come avrebbe fatto ognuno di noi, tira fuori il suo istinto di autoconservazione, combatte e, grazie al suo ingegno, riesce a trasferirsi in un nuovo corpo di titanio, questa volta destinato all’immortalità.

Non solo. La tecnologia che gli permetterà di salvarsi è la stessa che verrà utilizzata per trasferire la coscienza di Deon, il suo creatore, da un corpo mortalmente ferito a un nuovo involucro robotico. Lo stesso potrà fare con la “madre adottiva” la cui essenza è rimasta fortunosamente salvata su una chiavetta USB. Anche per gli uomini in carne e ossa l’immortalità è garantita.

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