Google+

1 febbraio 2017

Assassin’s creed - il film, per me è no

I fan del celebre videogame attendevano questo film da molto; quando poi è uscito il trailer, sono andati in visibilio. Il protagonista è Michael Fassbender? Isteria collettiva. Infatti, nemmeno a farlo apposta, l’unica nota positiva del film è proprio lui; d’altra parte doveva recitare anche per Marion Cotillard che, praticamente, possiede una sola espressione.

Chi scrive ha passato diverse ore nei panni di Ezio e altrettante sulle navi di Black Flag e Rogue e non si capisce perché Assassin's Creed che, di per sé, ha una trama complessa e affascinante, debba essere reso ancora più complicato senza però tener conto di ciò che è stato nella saga videoludica.

È assolutamente corretto dare spazio anche a chi non ha mai giocato nei panni degli assassini, ma in questo caso era necessario fare una scelta più netta: o spieghi tutto a favore dei non appassionati, strizzando però ogni tanto l’occhio ai fan (citazioni, oggetti, frasi, situazioni, ecc.), oppure dai molto per scontato e spieghi ai non videogiocatori il giusto per rendere la trama godibile.

Qui invece abbiamo i primi delusi per la mancanza di coerenza con i videogame e per l’assenza di citazioni stuzzicanti e i secondi straniti da una trama confusa e mal strutturata, in cui le parti nel presente sono a tratti schizofreniche. 

Alcuni l’hanno definito il “miglior film tratto da un videogame” e forse hanno anche ragione, sebbene i contendenti siano poco più che pellicole di serie Z. Personalmente poi non ho molto apprezzato l’idea che gli Assassini siano “geneticamente portati alla violenza, all’omicidio e al caos” con un rispolvero di teorie dal sapore lombrosiano che fanno abbastanza accapponare la pelle. Chiunque, nella situazione in cui viene a trovarsi il Fassbender bambino, sarebbe potuto diventato un criminale. 

Ma veniamo alla trama e ai suoi buchi. Fassbender, omicida, muore per iniezione letale. Una mega società multinazionale, l’Asbergo, lo salva perché è il discendente diretto di un Assassino vissuto nel tardo 1400. Questa società possiede un macchinario, l’Animus, che è in grado di far rivivere a Fassbender i ricordi “genetici” del lontano parente, il tutto per riuscire a scoprire dove l’antenato ha nascosto un artefatto dall’incredibile potere. Sullo sfondo la  millenaria lotta tra i Templari, ancora oggi esistenti e sempre intenzionati a rendere schiava l’umanità, e la setta degli Assassini, difensori del valore del libero arbitrio, sebbene portato all’estremo. 

Questa in soldoni la trama. Aggiungiamo che ogni volta che Fassbender viene connesso all’Animus rischia di morire e che i Templari lottano contro il tempo per ritrovare l’artefatto; fin qui tutto ok, però perché allora gli unici ricordi che gli fanno rivivere, per intere giornate, sono fughe rocambolesche fra i tetti, omicidi spettacolari, ecc. Non era più sensato andare avanti veloce fino ai  momenti veramente utili alla ricerca dell’artefatto? 

La risposta è facile: il film è basato sulle scene d’azione e punta esclusivamente su quelle. Perfetto, ma se sacrifichi la sceneggiatura per la componente visuale e lo spettacolo, poi non ti lamentare se la gente che si aspetta qualcosina di più di un documentario sul parkour in costume storce il naso. Infine, e con questo concludo, mi trasponi sul grande schermo il “salto della fede” e mi tagli l’atterraggio?

Nessun commento:

Posta un commento