«Ci sono film che non chiedono il permesso,
entrano, catturano lo spettatore e se ne vanno via, lasciando strascichi di
ricordi, immagini, sentimenti e note che fanno sorridere, che fanno riflettere». Questa
è la lapidaria ma eccezionalmente valida definizione che Telefilm-central dà di
Tutti vogliono qualcosa (Everybody
Wants Some!!), il nuovo film di Richard Linklater.
Ognuno
dei personaggi di questo film corale, impalpabile documentario di un’intera
generazione, desidera qualcosa e farà di tutto per ottenerla. Il tutto narrato
in un flusso continuo di episodi, serate alcoliche e notti insonni, che si
uniscono senza annoiare mai. La tragicommedia, l’umorismo di pirandelliana
memoria, ossia quello che suscita una riflessione agrodolce, è sempre (o
quasi) presente, nella continua e titanica lotta per la conquista, fra le altre
cose, dell’altro sesso.
Animal
House, altrettanto godibile pellicola corale (1978) sulla folle vita universitaria statunitense (argomento
su cui sembrava che tutto fosse stato detto e raccontato in tutti i modi, con
mille obiettivi e filtri differenti), nel finale, con quelle scritte che
evidenziano il destino dei ragazzi, dava una soddisfazione allo spettatore che,
banalmente, veniva a conoscenza del futuro.
Qui si entra e si esce talmente rapidamente dalle
vite di questi campioni di baseball che l’unica cosa che rimane è la sensazione di aver partecipato a un momento
grande e irripetibile. Quello che resta, infatti, sono solo le speranze e
le aspettative che aleggiano nell’aria, senza concretizzarsi o essere smentite;
nemmeno una partita ci viene concesso di vedere, per capire almeno se i ragazzi
erano solo smargiassi o veri campioni.
La pellicola è scandita da un timer che scorre,
con giorni e ore, creando l’attesa di un
grande evento che poi è, semplicemente, il primo allenamento domenicale, «facoltativo
ma obbligatorio», prima delle amichevoli autunnali; un non-evento quindi, un
momento in cui non accade nulla di importante, in cui non si decidono titolari
e riserve, in cui le matricole non dimostrano, agli increduli veterani, le loro
eccezionali abilità sportive. È un semplice allenamento, un evento tra i tanti
nel flusso delle vite dei giovani.
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