I fan del celebre videogame attendevano questo film da
molto; quando poi è uscito il trailer, sono andati in visibilio. Il
protagonista è Michael Fassbender?
Isteria collettiva. Infatti, nemmeno a farlo apposta, l’unica nota positiva del
film è proprio lui; d’altra parte doveva recitare anche per Marion Cotillard
che, praticamente, possiede una sola espressione.
Chi scrive ha
passato diverse ore nei panni di Ezio e altrettante sulle navi di Black Flag e
Rogue e non si capisce perché Assassin's Creed che, di per sé, ha una trama
complessa e affascinante, debba essere reso ancora più complicato senza però
tener conto di ciò che è stato nella saga videoludica.
È assolutamente corretto
dare spazio anche a chi non ha mai giocato nei panni degli assassini, ma in
questo caso era necessario fare una scelta più netta: o spieghi tutto a favore
dei non appassionati, strizzando però ogni tanto l’occhio ai fan (citazioni,
oggetti, frasi, situazioni, ecc.), oppure dai molto per scontato e spieghi ai non
videogiocatori il giusto per rendere la trama godibile.
Qui invece abbiamo
i primi delusi per la mancanza di coerenza con i videogame e per l’assenza di
citazioni stuzzicanti e i secondi straniti da una trama confusa e mal
strutturata, in cui le parti nel presente sono a tratti schizofreniche.
Alcuni l’hanno
definito il “miglior film tratto da un videogame” e forse hanno anche ragione,
sebbene i contendenti siano poco più che pellicole di serie Z. Personalmente
poi non ho molto apprezzato l’idea che gli Assassini siano “geneticamente portati
alla violenza, all’omicidio e al caos” con un rispolvero di teorie dal sapore
lombrosiano che fanno abbastanza accapponare la pelle. Chiunque, nella
situazione in cui viene a trovarsi il Fassbender bambino, sarebbe potuto diventato
un criminale.
Ma veniamo alla
trama e ai suoi buchi. Fassbender, omicida, muore per iniezione letale. Una
mega società multinazionale, l’Asbergo, lo salva perché è il discendente
diretto di un Assassino vissuto nel tardo 1400. Questa società possiede un
macchinario, l’Animus, che è in grado di far rivivere a Fassbender i ricordi “genetici”
del lontano parente, il tutto per riuscire a scoprire dove l’antenato ha
nascosto un artefatto dall’incredibile potere. Sullo sfondo la millenaria lotta tra i Templari, ancora oggi
esistenti e sempre intenzionati a rendere schiava l’umanità, e la setta degli
Assassini, difensori del valore del libero arbitrio, sebbene portato all’estremo.
Questa in soldoni
la trama. Aggiungiamo che ogni volta che Fassbender viene connesso all’Animus
rischia di morire e che i Templari lottano contro il tempo per ritrovare l’artefatto;
fin qui tutto ok, però perché allora gli unici ricordi che gli fanno rivivere,
per intere giornate, sono fughe rocambolesche fra i tetti, omicidi spettacolari,
ecc. Non era più sensato andare avanti veloce fino ai momenti veramente utili alla ricerca dell’artefatto?
La risposta è
facile: il film è basato sulle scene d’azione e punta esclusivamente su quelle.
Perfetto, ma se sacrifichi la sceneggiatura per la componente visuale e lo
spettacolo, poi non ti lamentare se la gente che si aspetta qualcosina di più
di un documentario sul parkour in costume storce il naso. Infine, e con questo
concludo, mi trasponi sul grande schermo il “salto della fede” e mi tagli l’atterraggio?