Dal trailer Unbroken prometteva bene, un’epica storia di
resistenza e coraggio nell’inferno della Seconda Guerra Mondiale, la biografia
di un uomo capace di resistere a ogni avversità. Anche se, bisogna dirlo, Phil, l’amico e commilitone del
protagonista – alias Domhnall Gleeson
–, pur superando le stesse identiche prove, a un certo punto scompare dalla
scena, spedito in un altro campo di prigionia e dimenticato dalla regista
Angelina Jolie; se ne ricorda giusto alla fine, quando leggiamo della
sopravvivenza di Phil alla guerra nei titoli di coda.
Nel titolo parliamo di “Passione” con la lettera maiuscola perché
di martirio vero e proprio si tratta, in una sequela infinita di sofferenze e fatiche,
fino al “cristologico” acme finale in cui Louis
Zamperini – Jack O'Connell – è
costretto a sollevare una pesante trave sopra la testa, in un gioco di ombre
che non può non ricordare la crocifissione.
A questo si aggiunge l’insapore, insulsa e a tratti ridicola
l’interpretazione generale del protagonista che ha essenzialmente due sole espressioni:
una smorfia di sofferenza e un sorrisetto fastidioso. Anche la visione della Storia, anch’essa con la maiuscola, non
può che lasciare insoddisfatti: i belli, bravi e coraggiosi militari americani (o
meglio, aviatori americani, visto che di marine non se ne vedono) sono
diametralmente opposti ai carcerieri giapponesi, vessatori e tutti ugualmente
sadici e inumani.
La cattiveria tocca l’apice, anzi il parossismo, nella
figura del sergente Watanabe (Miyavi,
pop-rock star giapponese), inutilmente crudele fino alla caricatura. Il militare,
androgino nell’aspetto quanto nella recitazione, è violento ma anche emotivamente
fragile, quasi che le vessazioni a cui sottopone Zamperini siano solo un modo per
attirare l’attenzione di un uomo che avrebbe potuto essergli amico.
Persino i titoli di coda riescono a celebrare la capacità di
perdono di Louis, che dopo la guerra andò in Giappone per incontrare i suoi
carcerieri, opposta al sergente, il quale, neppure da anziano, vorrà rivedere
il prigioniero che l’ha umiliato.
Per il resto il racconto è la biografia edificante e a
tratti agiografica dell’atleta olimpico che, riscattato da una gioventù di
criminalità grazie allo sport, parteciperà alle Olimpiadi, prima di finire nel
mattatoio del secondo conflitto mondiale.
In seguito a un incidente aereo passerà un numero
spropositato di giorni alla deriva su un gommone (durante una tempesta fa
persino voto di dedicare la propria vita al Signore se si fosse salvato);
salvato da una nave giapponese sarà costretto a una lunga e terribile prigionia,
fino alla liberazione conclusiva e al bagno purificatore (dalla polvere di
carbone ma anche dalle brutture della guerra) nella acque di un fiume.
Di tutte le sevizie e le
difficoltà che si vedono nel film resta però la consapevolezza che, per quanto
romanzata, questa sia la storia vera di un uomo che è stato veramente
eccezionale, più di quanto il piatto e pallido racconto della Jolie faccia
immaginare. Louis Zamperini è morto
il 2 luglio 2014 a novantasette anni,
dopo aver condotto per un tratto, nel 1998, la torcia olimpica in occasione dei
Giochi olimpici invernali di Nagano.